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LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA

La Valutazione Ambientale Strategica ha tra le sue finalità la verifica del perseguimento di un paniere di obiettivi di sostenibilità desunti dalle fonti ufficiali comunitarie e nazionali che devono essere tradotti e specificati per i contesti territoriali nei quali il Piano oggetto di valutazione agisce.

 

Sostenibilità e pianificazione urbanistica

La relazione della Commissione mondiale per l'ambiente e lo sviluppo del 1987, nota come "Relazione Brundtland", il "V° Programma politico e dazione della Comunità europea a favore dellambiente e di uno sviluppo sostenibile" (1993), il documento Agenda 21 di Rio De Janeiro (1992), affermano che le attività umane dovrebbero attenersi ad un modello di sviluppo che sostenga il loro progresso nell'intero pianeta, anche per un futuro lontano.
In tale contesto lo sviluppo sostenibile è stato definito come "uno sviluppo che soddisfa le esigenze del presente senza compromettere la possibilità delle future generazioni di soddisfare le proprie ".
Il pensiero ecologico sullo sviluppo viene comunemente datato alla pubblicazione de i "Limiti allo sviluppo" (Rapporto del MIT al il Club di Roma; 1972). Il rapporto pone su basi sistemiche il problema dell'incombente esaurimento delle risorse senza chiudere la porta allo sviluppo tecnologico.
La conferenza delle Nazioni Unite sull'Ambiente Umano, tenutasi a Stoccolma tra il 5 e il 16 Giugno 1972, ha introdotto la necessità di prevedere un impegno comune e l'emanazione di principi condivisi che ispirassero e guidassero l'intera popolazione mondiale verso la tutela dell'ambiente umano.
Le tappe per la definizione di obiettivi e indirizzi per il raggiungimento degli stessi ha seguito i seguenti step principali:
- 1972 PRINCIPI DI STOCCOLMA
- 1987 RAPPORTO BRUNTLAND
- 1989 CONFERENZA WCED, RIO DE JANEIRO
- 2001 STRATEGIA DI GOTEBORG
- 2002 VI PROGRAMMA QUADRO UE
- 2002 DELIBERAZIONE CIPE
- 2004 CARTA DI AALBORG
- 2006 NUOVA STRATEGIA DELL'UE IN MATERIA DI SVILUPPO SOSTENIBILE
Lo sviluppo sostenibile presuppone la conservazione dell'equilibrio generale e del valore del patrimonio naturale, la ridefinizione di criteri e strumenti di analisi costi/benefici nel breve, medio e lungo periodo, in modo da rispecchiare le conseguenze e il valore socioeconomico reale dei consumi e della conservazione del patrimonio naturale ed una distribuzione ed un uso più equi delle risorse.
Si possono individuare diverse declinazioni di sostenibilità, ed in particolare:
- sostenibilità ambientale:
capacità di mantenere nel tempo qualità e riproducibilità delle risorse naturali; mantenimento della integrità dell'ecosistema per evitare che l'insieme degli elementi da cui dipende la vita sia modificato oltre le capacità rigenerative o degradato fino a determinare una riduzione permanente della sua capacità produttiva; preservazione della diversità biologica;
- sostenibilità economica:
capacità di generare, in modo duraturo, reddito e lavoro per il sostentamento della popolazione; eco-efficienza dell'economia intesa, in particolare, come uso razionale ed efficiente delle risorse, con la riduzione dell'impiego di quelle non rinnovabili;
- sostenibilità sociale:
come capacità di garantire condizioni di benessere umano e accesso alle opportunità (sicurezza, salute, istruzione, ma anche divertimento, serenità, socialità), distribuite in modo equo tra strati sociali, età e generi, ed in particolare tra le comunità attuali e quelle future;
- sostenibilità istituzionale:
come capacità di assicurare condizioni di stabilità, democrazia, partecipazione, informazione, formazione, giustizia.

Alcune declinazioni della sostenibilità prevedono l'attuazione di paradigmi quali:
- l'efficienza della produzione e del consumo, intesa come internalizzazione e riduzione dei costi ambientali e valorizzazione nel medio termine di opportunità e vantaggi economici correlati (integrazione della dimensione economica e ambientale) all'accesso di tutti alle risorse e alla qualità ambientale, intesa anche con riferimento ai paesi più poveri del mondo e alle generazioni future, (integrazione della dimensione sociale e ambientale);
- la qualità della vita degli individui e delle comunità, intesa come intreccio tra qualità ambientale e degli spazi costruiti, condizioni economiche e di benessere e coesione sociale (integrazione della dimensione sociale, economica e ambientale);
- competitività locale, intesa come capacità innovativa che investe nel capitale naturale e sociale e valorizza e potenzia le risorse locali (integrazione della dimensione istituzionale, economica e ambientale);
- governance ed empowerment locali, ovvero la consapevolezza sui temi della sostenibilità da parte dei governi e delle comunità locali, la capacità di dialogo, di assunzione di responsabilità, di gestione, di investimento e valorizzazione di risorse pubbliche e private, e del suo consolidamento nel tempo (integrazione della dimensione istituzionale, sociale e ambientale).

Il capitale da mantenere comprende sia il capitale artificiale (prodotto dalle società umane) sia il capitale naturale; si sono definite due diversi approcci di sostenibilità:
- sostenibilità debole: capitale artificiale e capitale naturale tra loro perfettamente sostituibili
- sostenibilità forte: capitale artificiale e capitale naturale non fungibili; quindi il loro mantenimento deve essere perseguito separatamente
Da questa seconda impostazione derivano alcuni criteri operativi per il perseguimento della sostenibilità:
1. usare le risorse rinnovabili al di sotto dei loro tassi di rigenerazione;
2. usare le risorse non rinnovabili a tassi di consumo inferiori ai tassi di sviluppo di risorse sostitutive rinnovabili;
3. limitare l'immissione nell'ambiente di agenti inquinanti al di sotto delle soglie di capacità di assorbimento e di rigenerazione da parte dell'ambiente.

Più recenti impostazioni di "economia dellecologia" pongono invece l'accento sulla complessità dei sistemi naturali e delle loro relazioni con i sistemi sociali, sulla difficoltà di prevedere il cambiamento degli equilibri ecologici e di riconoscere le relazioni tra cause ed effetti.
Perseguire la sostenibilità in questo caso significa riorientare l'intera economia, modi di produrre e di consumare compresi, in base al principio di precauzione.

Critiche allo sviluppo sostenibile
Il concetto di Sviluppo sostenibile è aspramente criticato da Serge Latouche, Maurizio Pallante e dai movimenti facenti capo alla "teoria della Decrescita". Essi ritengono impossibile pensare uno sviluppo economico basato sui continui incrementi di produzione di merci che sia anche in sintonia con la preservazione dell'ambiente.
In particolare, seguendo l'ottica dello sviluppo sostenibile, si trovano ora di fronte al paradossale problema di dover consumare più del necessario pur di non scalfire la crescita dell'economia di mercato.
Conseguenti problemi ambientali:
- sovrasfruttamento delle risorse naturali,
- aumento dei rifiuti,
- mercificazione dei beni.
Il tutto non è quindi compatibile con la sostenibilità ambientale: ritengono lo sviluppo sostenibile una teoria superata, in ogni caso non più applicabile alle moderne economie mondiali.
Decrescita indica un sistema economico basato su principi ecologici, in contrapposizione con quelli che regolano i sistemi vincolati alla crescita economica.

La decrescita è un concetto politico, secondo il quale la crescita economica - intesa come accrescimento costante di uno solo degli indicatori economici possibili, il Prodotto Interno Lordo (PIL) - non è sostenibile per l'ecosistema della terra.
Questa idea è in completo contrasto con il senso comune politico corrente, che pone l'aumento del livello di vita rappresentato dall'aumento del PIL, come obiettivo di ogni società moderna.
L'aggettivazione sostenibile allude alla proposta di organizzarsi collettivamente in modo che la diminuzione della produzione di beni non costituisca riduzione dei livelli di civiltà
L'assunto principale è che le risorse naturali sono limitate e quindi non si può immaginare un sistema votato ad una crescita infinita. Il miglioramento delle condizioni di vita deve quindi essere ottenuto senza aumentare il consumo ma attraverso altre strade.
Proprio per la costruzione di queste vie sono impegnati numerosi intellettuali, al seguito dei quali si sono formati movimenti spesso non coordinati fra loro, ma con l'unico fine di cambiare il paradigma dominante della necessità di aumentare i consumi per dare benessere alla popolazione. Un esempio di questi gruppi sono i gruppi d'acquisto solidale (GAS), i sistemi di scambio non monetario o gli ecovillaggi.
I presupposti della teoria della decrescita si fondano su considerazioni quali:
- Il funzionamento del sistema economico attuale dipende essenzialmente da risorse non rinnovabili. Così com'è, non è quindi perpetuabile. I sostenitori della Decrescita partono dall'idea che le riserve di materie prime sono limitate, particolarmente per quanto riguarda le fonti di energia, e ne deducono che questa limitatezza contraddice il principio della crescita illimitata del PIL, e che, anzi, la crescita così praticata genera dissipazione di energia e crescente dispersione di materia. Alcuni sostenitori della teoria mutuando dalla seconda legge della termodinamica il concetto di entropia, ritengono che la crescita del PIL comporti una diminuzione dell'energia utilizzabile disponibile, e della complessità degli ecosistemi presenti sulla Terra, assimilano la specie umana ad una forza geologica entropizzante.
- Non v'è alcuna prova della possibilità di separare la crescita economica dalla crescita del suo impatto ecologico.
- La ricchezza prodotta dai sistemi economici non consiste soltanto in beni e servizi: esistono altre forme di ricchezza sociale, come la salute degli ecosistemi, la qualità della giustizia, le buone relazioni tra i componenti di una società, il grado di uguaglianza, il carattere democratico delle istituzioni, e così via. La crescita della ricchezza materiale, misurata esclusivamente secondo indicatori monetari può avvenire a danno di queste altre forme di ricchezza.
- Le società attuali, drogate da consumi materiali considerati futili (telefoni cellulari, viaggi aerei, uso costante e non selettivo dell'auto ecc.) non percepiscono, in generale, lo scadimento di ricchezze più essenziali come la qualità della vita, e sottovalutano le reazioni degli esclusi, come la violenza nella periferie o il risentimento contro gli occidentali nei paesi esclusi dallo (o limitati nello) sviluppo economico di tipo occidentale.

Lasciando aperto il dibattito sulla necessità (o al contrario sulla inopportunità) di sostenere una dinamica di sviluppo, rimane evidente come quale che sia la scelta intrapresa, essa deve permeare tutti i settori dell'agire umano e non solo quella pianificatoria.
Annunciare una politica di decrescita urbanistica in un contesto economico e sociale che richiama alla sviluppo, specie in un contesto di uscita da una profonda crisi quale quello che oggi stiamo vivendo, è incoerente e controproducente, mentre è opportuno che in sede di VAS vengano poste le questioni emergenti con orizzonti temporali ampi e tali da permettere di ipotizzare un progressivo riorientamento degli obiettivi di sviluppo anche sociali ed economici
.

Sostenibilità e vivibilità
La sostenibilità è quindi declinata nelle sue tre componenti: ambientale, sociale ed economica.
È evidente che la tradizionale contrapposizione ambiente/sviluppo esprime una visione eccessivamente riduttiva dei problemi della pianificazione, in quanto incapace - tra l'altro - di rappresentare la dimensione del conflitto sociale e la dimensione della qualità urbana.

Godschalk (2004) propone la seguente articolazione secondo quattro sistemi di obiettivi:
- economico
- ambientale
- sociale
- della vivibilità
Il punto di vista della vivibilità è quello che più direttamente sollecita le competenze disciplinari proprie dell'urbanista. Esso rappresenta la città come il luogo della vita quotidiana, della fruizione, del tempo libero.
La competizione è fra attività e funzioni con esigenze diverse e investe l'organizzazione dello spazio urbano e della mobilità, le reciproche interferenze. Lo spazio è lo spazio della forma urbana, della memoria storica, dell'accessibilità.
Il conflitto fra vivibilità ed equità sociale si manifesta tipicamente in presenza di fenomeni di gentryfication, quando la valorizzazione di particolari contesti urbani o extraurbani porta alla rapida sostituzione dei residenti e delle attività presenti con altri ceti e altre attività (i negozi di nicchia al posto di quelli di vicinato) oppure, al contrario, in presenza di flussi migratori intensi e concentrati o quando si tratta di localizzare strutture non gradite (impianti di smaltimento, carceri, cave ?).
Un esempio particolarmente significativo di conflitto fra vivibilità e ambiente è dato dall'aumento del consumo di suolo conseguente alla tendenza alla riduzione delle densità residenziali e urbane in genere e all'espansione per progressiva suburbanizzazione delle aree metropolitane.
Infine, un caso tipico del conflitto fra vivibilità e sviluppo economico è quello che vede le comunità locali contrastare duramente i grandi progetti infrastrutturali.
L'incremento dei livelli di vivibilità e l'obiettivo principe dei piani urbanistici ed il suo monitoraggio diviene la cartina di tornasole dell'efficacia del piano stesso.
I conflitti evidenziati emergono spesso come temi della partecipazione e nel piano, che da solo non può trovare risposta al complesso delle problematiche poste, è necessario che si individuino le ricadute areali e di organizzazione spaziale che la soluzione di tali conflitti richiede.

La città come sistema complesso e l'approccio ecologico alla pianificazione

Un insieme di elementi interagenti è chiamato sistema. In genere quanto più numerosi sono gli elementi del sistema e più articolata la topologia delle interazioni, tanto più complesso è il sistema.
In realtà si parla spesso di diversi tipi di complessità, tra loro interdipendenti: di comprensione e descrizione del sistema, di identificazione della sua struttura e della natura delle interazioni tra le sue parti, di controllo del suo funzionamento e della sua evoluzione. In questo contesto interessa il primo.
Una valutazione semplificata associa la complessità al numero di componenti del sistema, all'eterogeneità delle interazioni tra di essi, al livello di incertezza nella definizione della struttura del sistema e delle interazioni tra le parti.
In realtà, sia nelle scienze naturali, sia in quelle socio-economiche, si è appurato che la complessità dipende sia dal numero di componenti del sistema e dall'articolazione delle loro interazioni, ma soprattutto dalla natura di queste ultime e dalla loro topologia.
Interazioni non lineari (per le quali cioè non vale il principio di sovrapposizione degli effetti) e con topologie ad anello chiuso (retroazione) portano a sistemi complessi da comprendere e descrivere anche se composti da pochi elementi.
Il loro comportamento non è dato dalla combinazione lineare dei loro componenti: nascono fenomeni non intuitivi quali le biforcazioni, le catastrofi, l'autorganizzazione, la generazione di novità
J.L.Casti considera come essenza dei sistemi complessi la loro capacità di creare sorpresa, cioè presentare dei comportamenti non prevedibili e che essi non possano essere scomposti in parti senza perdere aspetti essenziali del loro comportamento
I conseguenti comportamenti dei sistemi complessi si presentano in numerose occasioni non prevedibili né descrivibili da un'analisi unicamente dei loro elementi costitutivi
Tra questi comportamenti è interessante la proprietà di autorganizzarsi (cioè di dotarsi di strutture spazio-temporali ordinate e coerenti senza necessità di un controllore esterno né di codici ordinatori interni), dove i componenti del sistema interagiscono secondo il principio di minima resistenza.
L'organizzazione è quindi lo strumento attraverso il quale il sistema complesso domina e controlla la propria complessità. Il sistema attraverso questo processo imbocca, tra le diverse configurazioni possibili, una di quelle che soddisfa il principio di minima resistenza.
L'autorganizzazione è quindi il modo in cui il sistema risponde all'ambiente, contrastandone le azioni distruttive e salvaguardando la propria integrità.
La città può essere concepita come un grande insieme di parti in relazione tra loro: zone residenziali, produttive, servizi, ecc. diffusi sul territorio e connessi attraverso diverse reti di comunicazione, fisica (trasporti, mobilità) e non (telecomunicazione).
La città è cioè un sistema, ed è un sistema complesso.
Infatti le interazioni tra gli attori urbani sono di tipo non lineare, in quanto costituiti da forme di competizione, di cooperazione, di complementarità, di simbiosi.
In quanto sistema aperto e interagente con l'ambiente la città è soggetta a fenomeni di autorganizzazione, riducendo la propria entropia a spese dell'ambiente.
In una città agisce un insieme di attori elementari (famiglie, imprenditori, amministratori pubblici, ecc.) che, attraverso il dinamismo delle interazioni e degli stimoli dell'ambiente, costruisce involontariamente delle forme urbane come ad esempio quartieri con funzioni e composizioni diverse.
Altro semplice esempio è l'utilizzo di spazi pubblici aperti per scopi diversi da quelli per i quali sono stati progettati (aree di sosta che diventano improvvisati campi sportivi, parchi nei quali la mobilità pedonale non segue quella prevista e progettata).
L'insieme di questa tipologia di eventi rappresenta l'autorganizzazione del sistema urbano.

Pianificazione ecologia
Insieme di specie vegetali e animali che hanno relazioni tra loro e con l'ambiente circostante; ambiente non sommatoria di componenti ma sistema di relazioni tra i vari elementi costitutivi e di processi che ne determinano l'evoluzione.
Non è un sistema chiuso ma dinamico, in metastabilità.
L'ecosistema è un sistema complesso formato da organismi che vivono in un determinato ambiente.
Gli animali e le piante costituiscono le componenti biotiche dell'ecosistema.
Il sottosuolo, l'aria e l'acqua, la luce, la temperatura, il clima, le piogge, ecc. fanno parte della componente abiotica.
Le componenti biotiche e abiotiche instaurano tra loro un insieme di relazioni che caratterizzano l'ecosistema stesso e lo portano in una situazione di "equilibrio" temporaneo
EQUILIBRIO ECOLOGICO: equilibrio dinamico che si instaura nell'ecosistema (la stabilità assoluta in ecologia non esiste in quanto gli ecosistemi non sono sistemi chiusi).
L'Ecologia del paesaggio, a sua volta, è definibile come l'ecologia dei grandi complessi ecosistemici e quindi, nella sua dimensione globale e nella sua accezione più dilatata, come l'ecologia della totalità.
Frederick Steiner ha specificato alcuni elementi fondamentali della pianificazione ecologica, a partire da definizioni basilari quali:
- La pianificazione è un processo che utilizza informazioni tecniche e scientifiche per esaminare un certo numero di scelte e costruire il consenso intorno a esse.
- L'ecologia è lo studio delle relazioni di tutti gli esseri viventi, incluse le persone, con il loro ambiente biologico e fisico.
La pianificazione ecologica può essere, quindi, definita come l'uso di informazioni biofisiche e socioculturali per suggerire le opportunità e i limiti da considerare quando si assumono decisioni sull'uso del territorio.
Tutti i sistemi aspirano alla sopravvivenza e al successo. Questa condizione può essere descritta dalla terna: sintropia-idoneità-salute e iI suo opposto è: entropia-inidoneità-malessere.
Per realizzare la prima condizione è necessario che i sistemi trovino l'ambiente più idoneo, lo adattino e vi si adattino. Come ambiente idoneo per un sistema si intende quello che richiede il minimo lavoro e il minimo adattamento. L'idoneità e l'adattamento sono indicatori di salute e il processo per raggiungere l'idoneità conferisce equilibrio [al sistema]. La ricerca dell'idoneità è chiamata adattamento.

L'uomo da sempre abita lo spazio, lo modifica, lo gestisce, pianifica le sue scelte, alla ricerca del soddisfacimento dei propri bisogni.
La pianificazione ecologica e lo studio dell'ecologia del paesaggio, devono mirare proprio alla adattabilità sia dell'uomo all'ambiente, sia dell'ambiente all'uomo.

I principi ecologici animano la VAS e pongono in primo piano le interazioni tra l'azione dell'uomo (che si sostanzia nella proposta di piano), lo stato dell'ambiente e le sue possibili modificazioni dovute all'attuazione del piano stesso.
È ovvio che la natura e la portata delle modificazioni all'ambiente presenti in ogni attività umana, che possono rappresentare una perdita o uno svantaggio potenziale, devono essere commisurate in senso globale ai vantaggi negli altri campi quali la vivibilità, l'assetto della società, l'impianto economico
.


Fonte:
Introduzione al Corso di "Pianificazione Urbanistica e Valutazione Ambientale Strategica", Corso di Laurea in Ingegneria Edile/Architettura, Università di Pavia - Docente: Prof Roberto De Lotto

 

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